Sorridimi almeno un po’, che possa aprirsi il varco per il mondo in cui mi piace isolarmi. Che i sorrisi sono piccoli incantesimi.
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IL PESCE: LA DISGRAZIA DI NON POTER URLARE
di Franco Libero Manco
Chi fu il primo bipede/uomo che considerò lecito varcare la soglia delle acque, profanare la purezza dei mari e predare i suoi abitanti? A quale indifferenza dovette far ricorso per estrarre dal mondo marino le sue creature, portarle nell’emisfero dell’aria e condannarle ad una atroce agonia e alla morte? A quale insensibilità dovette attingere per considerare gli oceani una dispensa dove predare senza remore, senza limitazioni, senza pudore e senza pietà come fossero sassi inanimati i suoi abitanti?
La morte del pesce, in qualunque modo avvenga per opera dell’uomo, è un fatto detestabile, crudele, brutale. Si preferisce pensare che il pesce non soffra dal momento ché non può emettere urla di dolore come gli animali terricoli quando vengono catturati e uccisi dall’egoismo umano. Ma se noi umani potessimo udire il loro grido quando vengono estratti dal loro mondo naturale, quando vengono dilaniati dagli arpioni o dalle fiocine, quando vengono bolliti, arrostiti, eviscerati ancora vivi, un uragano di terrore coprirebbe la faccia della terra e nessuno più avrebbe il coraggio di uccidere o mangiare le creature del mare. E non basterà la persuasione dei falsi e bugiardi nutrizionisti televisivi a giustificare davanti alla Vita l’uccisione di miliardi di creature innocenti.
Mangiare il pesce per gli omega3 è un’errata quanto ipocrita giustificazione dal momento che non vi è nessuna sostanza nel pesce che non sia presente nei vegetali, come conferma l’eccellente salute di quanti come me (che non mangia pesce da 45 anni) lo hanno escluso dalla loro dieta.
“Vivi e lascia vivere”, questa è la legge dell’amore che ci distingue dagli animali predatori, che sono costretti ad uccidere per esistere. Lasciate stare il mare, rispettate questo grande e meraviglioso specchio di cristallo, questo mondo affascinante e misterioso. Non violentate le sue creature, non macchiate di sangue il candore del mare. Che forse i pesci vengono nelle nostre case a prendere noi e i nostri figli per mangiarci?
Il pesce, i molluschi, i crostacei non sono cose inanimate, oggetti senz’anima; non sono frutti, patate o sassi senza vita: sono esseri senzienti come noi anche se di forma diversa, ma come noi capaci di sofferenza, di paura, di angoscia. Il dolore è ciò che accomuna tutti i viventi ed è palese quando il pesce si dimena. si contorce nello spasimo cercando inutilmente di ritornare nel suo mondo, nella sua patria.
Gli animali acquatici non sono creature meno sensibili e meno intelligenti degli animali terricoli. Sono dotati di sistema nervoso e accusano come noi il dolore e la paura. L’intelligenza e la sensibilità del delfino o del polpo supera di gran lunga quella del cane, e di molti uomini.
Il pesce è dotato di percezioni sofisticatissime. L’agilità e la velocità con cui si muove nel suo ambiente naturale ha qualcosa di prodigioso. La sua bellezza policroma e multiforme, la perfezione dei suoi occhi in grado di percepire chiaramente nell’ambiente acqueo; la complessità delle branchie e dei suoi sensori ricettivi; la squisita geometria delle sue squame; la gamma pressoché sconfinata dei suoi colori sgargianti, vengono per sempre annientati con la morte dell’animale per soddisfare un degradante piacere gastronomico che profana con il sangue le tavole dell’ingordigia umana.
Quale armonia fisica, energetica e spirituale, quale miracolo biologico (risultato di miliardi di anni di evoluzione) viene per sempre annientata con l’ingiusta cattura del pesce?
Il mestiere del pescatore è ancora più ingiusto e crudele di quello del macellaio: mangiare il pesce è moralmente molto più grave che mangiare carne di animali terricoli: con la carne di una mucca usano mangiare cento persone; ma se cento persone mangiano il pesce sacrificano mille vite, e la vita non ha valore in base alla mole fisica della creatura.
Io spero ardentemente che tutti coloro che pescano, vendono o cucinano il pesce, si aprano alla sensibilità e all’intelligenza dell’uomo civile, evoluto, responsabile, compassionevole; imparino a valorizzare, apprezzare e rispettare gli abitanti degli oceani. Da questo verrà la nuova coscienza umana in grado di porre le basi per un mondo finalmente migliore.