Il linguaggio di certi gesti che parlare talvolta è così ingombrante. Quanto sono tenui, invece, certe carezze silenti che pure raccontano tanto.

Silvia Bandini

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L’IPERBOLICO E VERO  COSTO DELLA CARNE

Di Franco Libero Manco

Secondo il Meat Atlas, ingenti somme di denaro vengono versate nelle casse delle grandi multinazionali del settore agroalimentare e zootecnico per  incentivare la produzione di prodotti che, nella sostanza, , oltre ad essere causa di terribili sofferenze per gli animali negli allevamenti intensivi, danneggiano la salute, l’ambiente e l’economia del paese.

Questi appresso riportati sono solo i sussidi diretti versati agli agricoltori nei paesi OCSE (per animali e mangimi) e che non tengono conto dei molti altri finanziamenti come  riduzione delle aliquote fiscali, di trasporto e spedizione, di miglioramento delle infrastrutture ecc.

Le sovvenzioni dirette (con dati di qualche anno fa) interessano le attività suinicole, ovicaprine, del latte bufalino, del vitello da carne…

Gli interventi sono pari a 65 milioni di euro di cui:

  • 30 milioni di euro per le aziende suinicole;
  • 20 milioni di euro per la filiera delle carni di vitello;
  • 8,5 milioni di euro per la filiera ovicaprina;
  • 4 milioni di euro per i cunicoli;
  • 2 milioni di euro per filiera del latte bufalino;
  • 0,5 milioni di euro per la filiera caprina.

Gli aiuti vengono concessi nel rispetto dei massimali di aiuto previsti dal “Quadro temporaneo” di aiuti della Commissione europea, che equivale a 100 mila euro per singola impresa agricola. Le misure permettono di avere contributi per i capi macellati, (ad es.: per i suini è concesso un aiuto fino a 20 euro per ogni capo macellato nel periodo dal 1° maggio al 30 giugno 2020 o 18 euro per ogni scrofa allevata nel periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2020).Per quanto riguarda la morte ordinaria, invece, l’allevatore ha la possibilità di ottenere il un’agevolazione pari al 50% dei premi versati per lo smaltimento delle carcasse animali.

I soldi vengono elargiti attraverso due tipi di sussidi: diretti, a chi alleva animali di un certo tipo, o produce un certo prodotto animale, e sovvenzioni a chi coltiva mangimi per animali. Poi ci sono i sussidi chiamati “interventi” il cui scopo è favorire la domanda di un determinato prodotto animale.

I tipi di intervento finanziario servono a favorire:

– l’esportazione di un dato prodotto fuori dall’UE;

– stoccare il surplus di un dato prodotto in modo che al produttore sia sempre garantito un guadagno;

– campagne pubblicitarie in modo che aumentino le vendite di quel prodotto.

            Oltre a tutto questo, quando si verificano epidemie o altri gravi problemi di ordine sanitario (BSE, influenza aviaria, febbre suina, ecc.), gli allevatori vengono ampiamente risarciti, mentre i problemi sono causati proprio dai metodi di allevamento negli allevamenti industriali, che hanno come scopo solo il profitto, a discapito del benessere degli animali e quindi delle persone umane. Paradossalmente, i colpevoli di questo stato di cose vengono premiati anziché puniti.

Nel 1999 il 23% della spesa annua dell’Unione Europea è servita a sovvenzionare il settore della carne e del latte, mentre il 44,2% del sostegno è stato destinato alle coltivazioni di mangimi: cereali, semi oleosi, proteaginose ecc. Dal dossier “The livestock industry and climate – EU makes bad worse, compilato dall’allora europarlamentare svedese Jens Holm, risulta che il totale dei sussidi diretti all’industria zootecnica da parte dell’UE nel 2007 è di circa 3,5 miliardi di euro.

In pratica, il guadagno degli allevatori e degli agricoltori viene solo dalle sovvenzioni: infatti nell’industria il guadagno è mediamente del 30% sul Prodotto Lordo Vendibile, e dal momento che le sovvenzioni ad allevatori e agricoltori superano di gran lunga questa cifra, vuol dire che la differenza la pagano i cittadini. Inoltre, le sovvenzioni sono distribuite “a pioggia”, e questo avvantaggia solo i grandi produttori non i piccoli.

Poi c’è il problema dello smaltimento degli scarti che in Italia si stima sia intorno ai 150 milioni di euro l’anno, a cui vanno aggiunte le spese di tutti gli esami necessari su tutti i bovini portati al macello, il cui costo è stato stimato in 75 milioni di euro.

Tutta questa quantità di denaro che i governi pagano in sussidi agli allevatori e  agricoltori serve a rendere la carne e i prodotti di derivazione animale prodotti a basso costo, accessibili a tutti.

Nella pianura veneto-lombarda gli allevatori percepiscono mediamente 400 €/ha, mentre gli allevatori di vitelloni e scottone incassano fino a 1.600 €/ha in più, senza contare il premio di 40 €/capo macellato. Aiuti in ogni caso non sufficienti, considerato che il settore vede sempre più allevamenti chiudere, seguendo un declino iniziato con la seconda crisi Bse del 2001.

Al danno della spesa che grava anche su coloro che non consumano prodotti animali è necessario aggiungere l’iperbolica cifra della spesa sanitaria necessaria a curare le patologie derivanti dal consumo di questi prodotti. 130 miliardi di euro costa alla popolazione italiana la cattiva salute dovuta alla cattiva alimentazione e il cattivo stile di vita. Il 17,6% è assorbito dalla spesa farmaceutica per un costo complessivo a testa di circa 1650 euro l’anno. Nel 2010 vi sono stati un miliardo e 300 milioni di prestazioni sanitarie, circa 22 a testa, oltre 12 milioni di ricoveri per un totale di 76 milioni di giornate di degenza, cioè giornate lavorative perse.

Inoltre è da aggiungere il danno della distruzione dell’ambiente. Se per produrre un solo kg di carne bovina si sacrificano 12 mq di foresta, e considerato che da un bovino si ricavano circa 300-400 kg di carne, ognuno che mangia carne contribuisce alla distruzione di circa 400 mq di foresta all’anno.

Puoi mettere in gabbia una tigre, ma non puoi essere sicuro di averla domata..
☆Charles Bukowski☆

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L’IPERBOLICO E VERO COSTO DELLA CARNE